Domani faccio un film


Di Roby Noris



Una copertine/coppia di appassionati di cinema, con studi universitari parigini in gioventù in Arts Plastiques et Cinema, che volessero fare un film su un tema sociale che sta loro a cuore come la parità professionale fra uomo e donna, in Ticino avrebbero pochissime chances. Le rarissime produzioni locali sono possibili solo alla TV di Stato che li affida ovviamente a registi col pedigree o comunque “accreditati”. Ma può anche succedere un piccolo miracolo se ci si butta anima e corpo per vent’anni nel lavoro sociale in un organizzazione socio-caritativa come Caritas Ticino avendo un paio di idee ben chiare in testa. La prima: il marketing del sociale e l’uso spregiudicato dei media, soprattutto elettronici, sono il salto qualitativo che le organizzazioni umanitarie, piccole o grandi che siano, devono fare come “conditio sine qua non” se non vogliono scomparire, o ridursi a organismi parastatali che fanno solo ciò che lo Stato decide, pianifica e paga. La seconda: non c’è quasi niente di impossibile e quindi tutto può essere tentato una, due, tre, dieci volte, fino a quando si trova la soluzione impossibile. E così Caritas Ticino da sei anni va in onda tutte le settimane con Caritas Insieme TV prodotta e realizzata in proprio, nel suo studio televisivo nella sede di Pregassona, per “dar voce alla solidarietà e a momenti di vita ecclesiale”. Per quell’idea di carità cristiana espressa dal Vescovo Corecco in quella sorta di manifesto di Caritas Ticino (vedi articolo pag.  8) dal libro del cinquantesimo sulla “sovrabbondanza dell’amore di Dio” come punto di riferimento di tutto il nostro impegno sociale. Per comunicare la verità, o comunque per provarci, come abbiamo scritto in copertine/copertina, dedicata a questa sfida incredibile di fare televisione in condizioni che sembrerebbero assolutamente impossibili; nella foto c’è l’angolo della nostra regia suono e video con Tommaso Moro, il santo da scopertine/coprire su questa rivista, proiettato su tutti i monitor, anche quello piccolo dell’oculare sulla telecamera in basso, che non ha notato quasi nessuno.

E con la stessa incoscienza e determinazione stiamo lavorando alla sceneggiatura, allo storyboard e all’organizzazione del piano di tournage del nostro film sulle discriminazioni a livello professionale fra uomini e donne. Le riprese cominceranno fra meno di un mese, con attori non professionisti, in video formato digitale DV, montaggio nel nostro studio con il sistema di editing elettronico Silver della Fast (segnale non compresso) che usiamo per Caritas Insieme. Avremo una steadycam vera – se arriva in tempo dagli USA -, una piccola giraffa (foto a pag. 12) e un traveling produzione maison. Infatti con i 200’000 Fr. di finanziamento che avremo dall’UFU (Ufficio Federale per l’Uguaglianza) non avremmo potuto permetterci  tutte le attrezzature che volevamo utilizzare e così in parte ce le siamo costruite da soli. Con l’aiuto di amici e collaboratori abbiamo realizzato in particolare una vera chicca: il carrello per le riprese circolari. Remo Paganoni ha studiato il progetto facendo esperimenti sui materiali più strani per trovare come fare dei binari e dei supporti a prezzi ragionevoli per Caritas Ticino, scopertine/coprendo un tipo di tubo per l’acqua semirigido e il nylon per i supporti, Augusto Anzini ha tornito e fresato una parte dei supporti a casa sua, e Raffaele Rusca ha continuato per dieci giorni (e si sospetta anche notti) ininterrottamente a lavorare su centinaia di pezzi per sostenere le rotaie circolari. Ora abbiamo un traveling circolare e uno rettilineo che sono una meraviglia, funzionano perfettamente, anche se sono costati solo qualche migliaio di franchi di materiale invece dei 50/100’000 dei modelli che si comprano per le produzioni professionali video o cinematografiche.

L’avventura di “Al Sigrid Undset Club: Eveline, Elena, Eloisa e Emma” è cominciata e alla fine dell’anno dovremmo proporvi il film, per cominciare, sulle onde di TeleTicino. Quattro storie di donne discriminate che prendono coscienza della propria situazione e reagiscono, ruotando intorno a una specie di Pub, il Sigrid Undset Club (vedi art. pag. 12 di Tatiana Pellegri- Bellicini). Un film di finzione che vorremmo piacesse non per la sua tematica sociale ma perché divertente, perché ci si può identificare nei personaggi, perché è spettacolo, perché è cinema. Anche se noi dietro all’obiettivo della telecamera abbiamo un “obiettivo” preciso del progetto che è lo scopertine/copo vero di tutta questa operazione: dal ’96 c’è una legge sulla parità professionale quasi sconosciuta e non utilizzata, e vorremmo che si prendesse coscienza delle disparità e di ciò che si può fare; una legge non fa miracoli, ma se si modificasse la mentalità corrente potrebbe diventare uno strumento utile per favorire un reale cambiamento sociale.

Quando 25 anni fa’ Dani Noris scopertine/coprì il libretto “La saga di Vigdis” della scrittrice norvegese - praticamente sconosciuta - Sigrid Undset e si appassionò a questo personaggio straordinario per la sua forza tutta al femminile di guardare l’umanità, iniziava il percorso che ci ha portati due anni fa in Norvegia a realizzare il video “Sulle tracce di Sigrid Undset” e oggi al primo ciak in un pub a lei dedicato dove quattro donne cercano nuove strade per cambiare la società.

E a quelli che proprio non capiscono perché Caritas Ticino faccia del cinema invece di fare pacchi per i poveri rispondiamo che i pacchi bisogna smettere di farli (art. a pag. 20) perché i poveri hanno bisogno di recuperare la loro dignità e non di soffocare nel nostro pietismo.

Per il resto ho un aneddoto fresco fresco. Un sabato di qualche settimana fa’ mi telefona un amico sacerdote, disperato. Sono nei guai seri, mi dice, Caritas Ticino si occupa dei casi disperati e solo voi potete aiutarmi, domani ho le prime comunioni e non ho più il fotografo, voi fate televisione e forse c’è qualcuno che potrebbe venire a fare le foto di rito davanti all’altare alla fine della Messa. Ero perplesso di fronte alla strana richiesta e forse non ne coglievo la drammaticità, per cui l’amico rintuzzò: “sai, se domani dicessi dal pulpito che Gesù Cristo non è mai esistito non succederebbe niente, ma se non c’è il fotografo sono finito”. Caritas Ticino ha quindi mandato in missione (non c’entrano i Blues Brothers “in missione per Dio” ma è la terminologia usata dagli operatori dei servizi statali) un suo collaboratore con una gloriosa Canon F1 di trent’anni fa e un flash professionale Braun F900, reperti archeologici che hanno garantito la scenografia necessaria e naturalmente i risultati, cioè le foto. Queste gireranno per decenni negli album di famiglia senza che nessuno sospetti che siano state fatte da un collaboratore di Caritas Ticino. E tantomeno qualcuno potrebbe immaginare che il fotografo-operatore di Caritas Ticino sia fra l’altro un dottore in biologia molecolare che mette la cravatta per fare il fotografo alle prime comunioni, per andare in onda a Caritas Insieme dove gli impongono questo look, e per tenere conferenze durante i simposi sul cervello. A una di queste serate tenutasi a Lugano dal pubblico qualcuno l’ha interpellato dopo la dotta esposizione: “ma lei ha un gemello che lavora in Caritas e si occupa di disoccupazione?”. Tutto si sarebbe concluso tranquillamente con un sì, mentre il nostro dottore candidamente gli ha risposto “no, no, sono  io che  lavoro a Caritas Ticino”. Il povero interlocutore non si è ancora riavuto.

Ma è con gente così che a Caritas Ticino invece di fare i pacchi per i poveri abbiamo creato programmi occupazionali gestendoli come delle vere imprese per dar lavoro a migliaia di disoccupati negli ultimi dieci anni; è così che riusciamo a trasformare 5 milioni di franchi in solidarietà (vedi art. pag. 7); è così che riusciamo a fare televisione tutte le settimane, è così che stiamo provando a fare un film, è così che siamo riusciti anche questa volta a offrirvi la rivista che state leggendo.